Beyond Berlin
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Germania, inizio 2024: grandi piazze democratiche, belle, rassicuranti, colorate e confortevoli. Di che cosa ci parlano?
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Germania, inizio 2024: grandi piazze democratiche, belle, rassicuranti, colorate e confortevoli. Di che cosa ci parlano?

Le manifestazioni di massa contro l'estrema destra in Germania sono qualcosa di più di eventi convenienti, instagrammabili e che fanno stare bene quelli che vi partecipano?

Nel 2024 tutto sembra andare fuori controllo qui in Germania: le prossime elezioni potrebbero spostare il Parlamento europeo a destra come mai prima d'ora; un aspirante dittatore come trump ha la concreta possibilità di tornare a governare gli Stati Uniti; dalla Svezia alla Finlandia, dalla Lituania alla Germania, i governi invitano i cittadini a "prepararsi alla guerra"; parlare di guerra è diventato un luogo comune. Infine, le strade europee sono di nuovo piene di persone che bruciano bandiere nazionali e invocano il genocidio come arma retorica contro i loro nemici immaginari.

In questo scenario, le manifestazioni tedesche contro l'estrema destra, iniziate tre settimane fa e tuttora in corso, sono considerate quasi un miracolo.

In Germania sta succedendo qualcosa.

Anche i più disincantati non possono sminuire la portata di ciò che è avvenuto nelle strade di Colonia, Monaco, Dresda, Hannover, Cottbus, Berlino e di almeno altre novanta città e cittadine della Germania dell'Est e dell'Ovest nelle ultime settimane:

più di un milione di persone in tutto il Paese si sono sollevate insieme contro l'estremismo di destra e la xenofobia.

Köln, Cologne, 17.01.2023 Source: X

La dinamica della mobilitazione ha sorpreso molti: in diverse località il numero di partecipanti è stato molto più alto di quello annunciato; ad Amburgo e a Monaco le manifestazioni hanno dovuto essere annullate a causa dell'eccessiva affluenza. Nuove manifestazioni si svolgeranno nei fine settimana e durante la settimana.

Bisogna tornare indietro al 1989 per ricordare una simile sollevazione democratica. Come allora, persone che non avevano mai pensato di partecipare a una manifestazione sono scese in piazza per la prima volta.

Non si tratta di un gruppo omogeneo, anzi: nella Germania del 2024 siamo divisi su quasi tutte le questioni, nelle nostre famiglie, nelle nostre cerchie di amici, a volte indecisi e volubili.

C'è molta confusione e opinioni instabili su questioni come la guerra in Ucraina, la transizione verde, la politica sanitaria, la Zeitenwende militare, la richiesta di più o meno "Europa" nella nostra vita quotidiana, l'immigrazione e i rifugiati, per non parlare del dilemma di Israele e del Medio Oriente. L'opinione pubblica non è mai stata così divisa.

Eppure, nelle strade tedesche, tutti erano presenti con le loro differenze. Con rare eccezioni, i partecipanti si sono rispettati a vicenda.

Una meraviglia, in tempi come questi.

Ok, è una cosa importante. Ma merita di essere celebrato come un movimento di resistenza di massa?

I giornali tedeschi in questi giorni hanno avuto titoli e definizioni molto celebrativi:

  • la rivolta della gente perbene (der Aufstand der Anständigen),

  • la Germania si alza (Deutschland steht auf),

  • il centro silenzioso alza la voce (jetzt spricht die stille Mitte ), ecc.

C'era più eccitazione nelle redazioni dei giornali che nelle strade in marcia.

Ma non veniamo da anni di strade vuote. Negli ultimi dieci anni in Germania ci sono state molte manifestazioni. Contro l'estrema destra, contro le restrizioni della pandemia, contro l'invasione russa, contro la crisi climatica, contro la presunta islamizzazione del Paese (ricordate PEGIDA?), contro la guerra in Ucraina (e per la pace con la Russia), ora contro Hamas o Israele, e non ultimi gli agricoltori con i loro trattori che bloccano il Paese per giorni.

Secondo il Global Protest Tracker, in Europa siamo secondi solo a Francia e Polonia per numero e dimensioni delle proteste di piazza. BTW Su scala globale, il numero di proteste di massa è più che triplicato negli ultimi quindici anni (vedi: Fondazione Friedrich Ebert, 2021).

Global Protest Tracker, Carnegie Center

Allora, cosa c'è di nuovo questa volta?

Una protesta comoda, forse, certo buona per alimentare narrazioni rassicuranti da parte dei media istituzionali.

Stiamo assistendo a una protesta che fa comodo a (quasi) tutti: conforta tutti noi, aiuta i media mainstream a far passare il loro messaggio e riafferma la legittimità dei partiti politici diversi dall'AFD, facendoci dimenticare per un attimo le lotte in corso e la scarsa dialettica politica degli ultimi anni.

In breve, abbiamo ricevuto le proteste che tutti in fondo desideriamo: manifestazioni che fanno sentire nel giusto i partecipanti e permettono ai non partecipanti di esprimere il loro sostegno senza troppe distinzioni, oltre a dare ai giornalisti qualche buona notizia da vendere dopo due anni di storie pre-apocalittiche.

Immagine
Düsseldorf, 27.01, source: X

Alcuni li hanno chiamati esercizi di "salute mentale collettiva”, “eventi benessere” un po´com i raduni di yoga.

Benedetta e accolta da tutti, così generica da poter includere - o essere rivendicata da - qualsiasi partito politico, ci si chiede se possa diventare la nascita di un movimento.

Per capire se possiamo aspettarci qualcosa di più dopo questa celebrazione della democrazia, dobbiamo partire dall'inizio: dalla radice di ciò che porta questi milioni di persone nelle strade.

Potsdam, novembre 2022:
fantasie di deportazioni di massa.

La protesta è stata innescata da un incontro segreto tenutosi lo scorso novembre in un elegante resort vicino a Potsdam, i cui dettagli sono stati scoperti dalla piattaforma investigativa tedesca Correctiv.

Secret plan against Germany

Ogni dettaglio dell'incontro, a partire dalla sua ubicazione - a pochi chilometri dalla villa di Wannsee dove nel 1942 fu concepita la Soluzione Finale - lo rende più simile a un brutto film che alla realtà.

Un gruppo di persone guidate da Martin Sellner, un noto estremista di destra austriaco (déjà vu: il nazismo austriaco - un'ossessione tedesca), ha discusso - tra gli altri argomenti tipici dell'estrema destra - un "piano di remigrazione" per sbarazzarsi degli indesiderabili in Germania.

Sono state invitate trenta persone, tra cui estremisti di destra di lunga data, funzionari dell'AfD, tra cui Roland Hartwig, consigliere personale della co-leader dell'AfD Alice Weidel (che poi lo ha licenziato), alcuni membri della CDU (!) e rappresentanti della classe professionale, tra cui medici, avvocati e imprenditori.

Piano di emigrazione?

La parola neutra significa, per dirla senza mezzi termini, deportazione. Finora, nulla di veramente nuovo. I membri dell'AFD parlano di remigrazione da anni. Più interessanti e inquietanti sono il "dove" e il "chi" del piano di remigrazione.

Il "dove". Un Paese dell'Africa sarebbe la destinazione del piano di remigrazione. Vi sembra una novità? Non lo è. Un altro Paese africano, l'isola di Madagascar, faceva parte del piano originale approvato da Hitler (1938-1940) per risolvere il problema degli ebrei in Germania e in Africa. Fu sostituito due anni dopo dalla soluzione finale.

Il "chi". Qui Sellner dà prova della sua precisione testuale e della ambiziosa visione. Nel discorso riportato da Correctiv, egli classifica i gruppi target che dovrebbero lasciare la Germania come segue:

  • In primo luogo, i richiedenti asilo (di nuovo, niente di nuovo);

  • In secondo luogo, gli immigrati stranieri con diritto di soggiorno;

  • terzo (la vera novità che ha fatto scattare il campanello d'allarme), i cittadini tedeschi con un passato da immigrati che non si sono "assimilati" (secondo i criteri definiti dall'onorevole gruppo di ospiti).

Questi ultimi, ammette Sellner, rappresentano il problema maggiore, perché bisogna trovare un modo per privarli dei diritti fondamentali garantiti dalla cittadinanza.

A questo punto la campana diventa una sirena.

Se si sommano tutti i gruppi, si parla di un potenziale di diciannove milioni di persone. Lo dice lo stesso Sellner. Per noi è sufficiente ricordare che il 25% della popolazione attualmente residente in Germania (84,7 milioni di persone) ha un background migratorio.

Se questo non fosse vero, sarebbe un fantastico pezzo di teatro... che invece è diventato! Una settimana fa, la Berliner Ensemble, con sede a Berlino Est, ha offerto una lettura istantanea dell'incontro, disponibile su Youtube (sottotitoli automatici in tutte le lingue):

Poca voglia di teatro? Il rapporto Correctiv è stato tradotto in tutte le principali lingue ed è di per sé un avvincente dramma politico: Geheimplan gegen Deutschland, Complotto segreto contro la Germania, 10 gennaio ´24

La German Angst in azione.

Nel 2019, lo storico Frank Biess ha esaminato nel suo monumentale volume “Die Republik der Angst” il concetto di Angst tedesca - la Paura - come forza trainante della storia tedesca del dopoguerra.

Biess vede l'angoscia tedesca come un fenomeno ciclico che varia di volta in volta a seconda della fase storica: nella Germania sotto l'occupazione alleata, la paura era inizialmente quella della vendetta delle vittime e dei vincitori; poi, nella nascente democrazia tedesca occidentale, divenne la paura di ricadere nel passato nazista e autoritario; negli anni Sessanta, le nuove paure avevano a che fare con le armi nucleari e la Terza guerra mondiale.

E così, di decennio in decennio, si sono sviluppate nuove paure: la paura di perdere il benessere, la paura di soccombere alla tecnologia, la paura della libertà sessuale, la paura del terrorismo e dell'immigrazione, la paura della distruzione ambientale.

Ogni epoca ha avuto la sua paura dominante.

Oggi, invece, abbiamo un ingorgo di paure, tutte insieme e tutte nello stesso momento: clima, terrorismo, guerra, immigrazione, tecnologia, identità sessuale, perdita della cultura di riferimento... L'AFD ha utilizzato alcune di queste paure per sviluppare il suo programma.

Ma il ritorno alla paura degli inizi, del ritorno a dove è iniziata la contemporaneità tedesca - dittatura, deportazioni di massa, campi di concentramento - e a ciò che ne è seguito - macerie, distruzione e povertà - questa paura sembrava essere scomparsa: l'idea di usarla come spettro contro l'estrema destra sembrava un esercizio inutile.

Fino a pochi mesi fa, nessuno osava paragonare la Germania del 2024 alla Repubblica di Weimar. Si vedono molti stupidi per le strade, ma non squadra di SA con le fiaccole e i bastoni, ne´ violente battaglie di strada con cariche di cavalli e morti e feriti.

The SA in Berlin in 1932, Bundesarchiv, B 145 Bild-P049500 / CC-BY-SA 3.0

Questa volta molte persone hanno pensato: "Oh cavolo, non si tratta più di chiudere le frontiere, rimandare indietro i richiedenti asilo, limitare l'immigrazione. Si tratta di deportazione. Magari di persone come noi. O anche di noi".

I ricordi evocano altri ricordi. E in Germania, niente muove più della paura.

Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen; ich war ja kein Kommunist. Als sie die Gewerkschaftler holten, habe ich geschwiegen, ich war ja kein Gewerkschaftler. Als sie die Juden holten, habe ich geschwiegen, ich war ja kein Jude. Als sie mich holten, gab es keinen mehr, der protestieren konnte.

Quando i nazisti hanno portato via i comunisti, sono stato zitto; non ero un comunista. Quando sono venuti a prendere i sindacalisti, sono stato zitto; non ero un sindacalista. Quando vennero per gli ebrei, rimasi in silenzio; non ero ebreo. Quando vennero per me, non c'era più nessuno a protestare.

Pastor Martin Niemöller

Il testo di questo sermone è spesso citato intorno al 27 gennaio. Appartiene al canone della memoria antinazista. In qualche modo il piano dei tre gruppi per la remigrazione risuona in questo testo: se prima potevi ignorare slogan e programmi, ora questi slogan e programmi ti riguardano.

Alla richiesta di spiegare il motivo della partecipazione alle manifestazioni, le persone meno politicizzate hanno risposto così: la sensazione che le loro famiglie, i loro amici, loro stessi - prima ignari - potessero essere oggetto potenziale di questi piani.

Un modo semplice per esorcizzare la paura.

Forse troppo semplice.

In un Paese come la Germania, è più facile esorcizzare queste paure in mezzo a migliaia di persone sotto il semplice ombrello dell'antifascismo. Sì, è così. È facile. La Germania non è la Polonia, non è l'Ungheria, non è nemmeno l'Italia, dove se gridi "Viva l'Italia antifascista!" dalla galleria di un teatro, la polizia ti chiede la carta d'identità. (È successo all'inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala di Milano nel dicembre 2023).

In Germania è prassi definirsi antifascisti, antinazisti. Chiunque può essere inserito, anche chi ha idee stravaganti. Si può dire "Tutti contro il fascismo", come ha gridato l'intero pubblico alla fine del Berliner Ensemble una settimana fa, senza dover conoscere la differenza storica tra fascismo e nazismo.

La paura è una cattiva consigliera.

1# La paura può invitare a soluzioni semplicistiche ai margini della democrazia. Da settimane diverse organizzazioni promuovono petizioni che chiedono la messa al bando del partito AFD. Altre chiedono che il leader dell'AFD Björn Hoecke (che è prossimo a essere un post-nazista) sia privato dei suoi diritti politici costituzionali.

https://aktion.campact.de/weact/hocke-stoppen/teilnehmen

Nei palazzi della politica berlinese, qualcuno sta pensando di fare come la Corte Costituzionale Federale che il 23 gennaio di quest'anno ha revocato i finanziamenti statali a un partito di estrema destra chiamato Die Heimat (erede dell'NPD post-nazista), perché "mostra disprezzo per il libero ordine democratico di base".

Tutte queste opzioni sono previste dalle leggi costituzionali di autodifesa esistenti, che molti al di fuori del Paese ci invidiano e ammirano per il modo in cui vengono applicate.

Tuttavia, tutto ciò richiede più di un'avversione alle idee, ma prove reali che individui o partiti stiano complottando contro l'ordine democratico. L'incontro di Potsdam è stato uno scandalo oltre ogni immaginazione. Ma non era una riunione del partito AFD.

L'uso di change.org o di altre piattaforme per chiedere alle autorità costituzionali di prendere provvedimenti di questo tipo suggerisce maliziosamente che esse non stanno facendo abbastanza per sostenere l'ordine democratico. Questo è ingiusto e poco furbo. Al contrario, sembra un desiderio di stravolgere lo Stato di diritto a proprio vantaggio.

2#. La paura può dividere ancora più di oggi. Secondo uno studio Bertelsmann del 2021, solo un terzo circa di tutti gli elettori dell'AfD ha una visione del mondo estremista di destra chiusa. Non ha senso accusare tutti gli elettori dell'AFD di essere estremisti o nemici, come qualcuno ha scritto sui loro manifesti anti-destra nelle strade.

Due terzi hanno votato e continueranno a votare per l'AFD per frustrazione e angoscia: le tante ansie che oggi popolano la Germania e che alcuni dei manifestanti di queste settimane condividono.

In tempi di polarizzazione, la semplicità di chiamare nazisti (o fascisti) tutti coloro che hanno opinioni con cui non siamo d'accordo non aiuta a ripristinare una cultura del dibattito di cui, fino a pochi anni fa, la Germania andava molto fiera. Accusare qualcuno di essere un nazista è diventato puro gergo e un modo per bloccare qualsiasi conversazione. Dai democratici ci aspettiamo modi migliori di trattare con l'altra parte.

La frustrazione non può essere bandita come un partito politico. Le paure possono essere eliminate solo affrontando le questioni complesse senza negarle: il riconoscimento è il primo passo.

  • La paura di una migrazione incontrollata è legittima o meno in un Paese che nel 2025 aveva 80 milioni di abitanti e oggi ne ha quasi 85 milioni?

  • La paura di perdere la propria bussola culturale per essere sopraffatti da altre culture è giustificabile o no?

  • Il 64% dei sassoni che, secondo un recente sondaggio, ritiene che la Germania sia "pericolosamente" troppo esterofila merita di essere preso sul serio o no?

In tutta la Germania, il 45% delle persone è insoddisfatto della democrazia. Non si può né chiamarli tutti nazisti né privarli del loro diritto costituzionale di voto.

3#. La paura può essere una copertura per non vedere i problemi e non affrontarli. Secondo una tradizione molto tedesca, tutti i partiti politici pubblicano e aggiornano regolarmente i loro manifesti politici di base, il cosiddetto Grundsatzprogramm.

Il manifesto dell'AFD copre 14 temi, da come rinnovare le istituzioni democratiche (non come smantellarle, almeno sulla carta!), all'economia e alla protezione dei consumatori, alle infrastrutture e ai trasporti.

Prendiamo il punto dell'AFD sull'Unione Europea (di cui sono sempre stato il più appassionato sostenitore): dire no allo sviluppo dell'Europa in uno Stato federale è una richiesta legittima; dire no all'unione bancaria è anch'essa una richiesta legittima; dire no all'euro è in qualche modo stupido e controproducente per la Germania, che ha accesso al più grande mercato unico dall'introduzione dell'euro. Tuttavia, ci sono Paesi europei che hanno deciso di non aderire all'euro, come la Danimarca. La Danimarca è considerata un modello di Paese europeo ben gestito.

Punto per punto, troverete questioni che devono essere discusse in modo approfondito perché sono problematiche.

In questo programma c'è molto conservatorismo,
ma non è un manifesto razzista.

Il capitolo sette affronta anche la questione del multiculturalismo, con un chiaro "no". E sappiamo - lo ha detto anche Merkel anni fa - che il multiculturalismo ha fallito perché ha cercato di far coesistere culture che in molti casi si rifiutano di accettarsi a vicenda e sono in conflitto con il nostro senso europeo dei diritti umani. Possiamo concordare sul fatto che il "multiculturalismo" dovrebbe essere cancellato anche dalla nostra bussola europea?

Non sto scrivendo un'argomentazione a favore dell'AFD. Ma metto in guardia dall'uso della paura come mezzo per rifiutare il dibattito e liquidare i problemi. I problemi non scompaiono dicendo che non ci sono. Per questo la Germania deve andare oltre la propria paura e avvicinarsi alla realtà, compresa la sua ambiguità: cosÌ facendo si scopre che non è possibile dare etichette di destra/sinistra a molte soluzioni, perché i problemi sono multiformi, e così le potenziali soluzioni.

Oltre la paura, per avere più coraggio.

Non ci vuole molto coraggio per andare in giro con un cartello che dice "Keiner mag die Nazis" ("A nessuno piacciono i nazisti"). Né ci vuole molto coraggio a scrivere "Nie wieder ist jetzt" ("Mai più è ora") senza inserirlo nel giusto contesto e dargli un significato concreto.

Pochi slogan sono associati al lato più oscuro del nazionalsocialismo quanto "Nie wieder ist jetzt" (Mai più).

Questa frase, per quanto logora, appartiene alla cultura della memoria tedesca - die Erinnerungskultur - (un costrutto più fragile di quanto si pensi): questa frase denuncia le deportazioni, i pogrom antiebraici, i campi di sterminio. Questa frase è tornata sulle labbra di chi ha assistito agli orrori del 7 ottobre.

Dov'erano le masse di cittadini tedeschi con questi cartelli nei giorni e nelle settimane successive al massacro in Israele? Non stupitevi se alcuni commentatori hanno guardato le strade in questi giorni con una certa amarezza, perché si aspettavano che si riempissero tre mesi fa.

Inoltre: nelle prossime settimane e mesi bisognerà avere il coraggio non solo di dire cosa si è contro, ma anche cosa si è a favore. Presto anche la scelta del partito per cui votare diventerà più difficile, anche da un punto di vista intellettuale: in Germania sta succedendo qualcosa non solo nelle strade, ma anche nella politica.

Stanno nascendo almeno tre nuovi partiti:

  • l'alleanza intorno a Sahra Wagenknecht, un rompicapo per chi pensa in termini di stereotipi sinistra-destra, ma - va detto - anche quello il cui programma affronta più direttamente la necessità di dare una risposta punto per punto all'AFD;

  • nelle prossime settimane un nuovo partito di destra guidato dal discusso ex presidente dell'Ufficio per la protezione della Costituzione, Hans-Georg Maassen;

  • e infine un partito islamico direttamente ispirato dal presidente Erdogan, che conta su potenziali tre milioni di elettori.

Le cose si complicheranno, e due manifesti con slogan banali non basteranno a risolvere l'enigma di quale direzione prenderà la Germania, e con essa l'Europa.

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